Il rischio sismico: Approfondimento
Il nostro è un Pianeta che vive. La Terra, infatti, non è formata da un blocco unico, ma è divisa in placche o zolle i cui movimenti determinano in profondità condizioni di sforzo e di accumulo di energia. Gli stessi continenti non sono immobili ma attivi. Poggiano e si muovono su placche gigantesche che quando si spostano, si incontrano, sfregano l’una con l’altra o si allontanano, provocano i terremoti che, come le eruzioni vulcaniche, avvengono quasi tutti sui bordi delle placche.
Italiani con gli stivali – Storia, imprese, organizzazione della Protezione Civile. (Erasmo D’Angelis – LaFeltrinelli)
Quando lo sforzo a cui vengono perennemente sottoposte supera il loro limite di resistenza, si spaccano formando profonde lesioni chiamate faglie. E’ a questo punto che l’energia accumulata per decenni o per secoli, si libera sotto forma di onde anche molto violente e la molla sismica innesca una spinta in verticale che dopo chilometri in risalita scarica la tensione imprimendo una forte vibrazione al suolo. Ma subito dopo il terremoto, l’orologio sismico torna a caricarsi lentamente accumulando un’energia che prima o poi si scaricherà in qualche altro punto della faglia.
Sismicità in Italia
L’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica.
Il nostro Paese, negli ultimi 2500 anni, è stato interessato da più di 30.000 eventi sismici di media e forte intensità (superiore al IV-V grado della scala Mercalli), dei quali circa 560 di intensità uguale o superiore all’VIII grado (in media uno ogni 4 anni e mezzo).
Solo nel XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5 (con effetti classificabili tra il X e XI grado Mercalli).
L’Italia è dunque un paese ad elevata “sismicità”, caratterizzato da aree nelle quali i terremoti avvengono spesso ma sono di bassa energia (ad esempio: Colli Albani a Sud di Roma, area vesuviana, area etnea), altre, invece, dove i terremoti avvengono più raramente ma sono di elevata energia (ad esempio appennino calabro e Sicilia orientale).
Considerando i terremoti fino al VI grado della scala Mercalli, che producono cioè solo danni lievi, a parte la Sardegna, tutto il territorio nazionale è stato almeno una volta interessato da una scossa di questa intensità. Se consideriamo eventi di intensità superiore, non sono mai stati interessati il Piemonte, parte della Lombardia e dell’Alto Adige, la costa tirrenica dalla Versilia al Fiume Volturno, quella adriatica a sud di Ancona (escluso il Gargano) ed il Salento.
La sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola – lungo la dorsale appenninica interessata da alcuni tra gli eventi più forti e distruttivi che la memoria storica ricordi. Nell’appennino centrale, ad esempio, i terremoti del 1349 e del 1703 hanno coinvolto territori estesi provocando danni anche nella città di Roma ed è ancora vivo, non solo in Abruzzo, il ricordo del terremoto che il 13 gennaio 1915 sconvolse la Marsica ed un vasto settore dell’Italia centrale. Nell’appennino meridionale, l’Irpinia è stata teatro, nel corso dei secoli, di alcuni dei più forti terremoti della storia sismica italiana, sino al più recente del 23 novembre 1980, che ha lasciato sul territorio ferite ancora oggi facilmente riconoscibili.
In Calabria e Sicilia, le conseguenze di eventi sismici come quelli del 1783, del 1693 e del 28 dicembre 1908 – uno degli eventi più forti (magnitudo 7.2) mai registrati in Italia – sono di portata storica, avendo profondamente inciso sul tessuto sociale, sull’economia e sulla cultura delle aree coinvolte.
Classificazione sismica dell’Italia
Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche.
Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo.
A tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003.
Secondo il provvedimento del 2003, tutti i comuni italiani sono stati classificati in 4 categorie principali, indicative del loro rischio sismico, calcolato in base alla PGA (Peak Ground Acceleration, cioè il picco di accelerazione al suolo) e per frequenza e intensità degli eventi, inoltre la classificazione dei comuni è in continuo aggiornamento man mano che vengono effettuati nuovi studi territoriali dalla regione di appartenenza o per variazioni statistiche significative nel lungo periodo:
- Zona 1: sismicità alta (PGA oltre 0,25 g), comprende 708 comuni.
- Zona 2: sismicità medio-alta (PGA fra 0,15 e 0,25 g), comprende 2.345 comuni.
- Zona 3: sismicità medio-bassa (PGA fra 0,05 e 0,15 g), comprende 1.560 comuni.
- Zona 4: sismicità bassa (PGA inferiore a 0,05 g), comprende 3.488 comuni.
Tra queste, la Zona 1 è quella di pericolosità più elevata, potendosi verificare eventi molto forti, anche di tipo catastrofico. A rischio risulta anche la Zona 2 (e Zona 3S della Toscana e del Piemonte), dove gli eventi sismici, seppur di minore intensità, possono creare rilevanti danni. La Zona 3 è caratterizzata da una bassa sismicità, che però in particolari contesti geologici può vedere amplificati i propri effetti, come per il terremoto di Tuscania del 1971 (il comune è classificato in tale zona). Infine, la Zona 4 è quella che nell’intero territorio nazionale presenta il minor rischio sismico, essendo possibili scosse lievi e sporadiche, con bassa possibilità di arrecare danni.
Elenco dei comuni italiani per classificazione sismica aggiornato al 2015.
Fonte: Sito del Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri
Le onde sismiche
Onde di compressione o longitudinali (P)
Le onde longitudinali fanno oscillare le particelle della roccia nella stessa direzione di propagazione dell’onda. Esse generano quindi “compressioni” e “rarefazioni” successive in cui si propagano. La velocità di propagazione dipende dalle caratteristiche elastiche del materiale e dalla sua densità; in genere però viaggiano a una velocità compresa tra i 4 e gli 8 km/s. Poiché le onde P si propagano più rapidamente, sono anche le prime (P = Primarie) a raggiungere i sismometri, e quindi a essere registrate dai sismografi. Queste onde sismiche attraversano longitudinalmente tutti i tipi di materia: solidi, liquidi e gas.
Onde di taglio o trasversali (S)
Le onde S, ovvero onde “seconde”, si propagano solo nei solidi perpendicolarmente alla loro direzione di propagazione (onde di taglio). Esse sono più lente delle onde P, viaggiando nella crosta terrestre con una velocità fra 2 e 4 km/s. Le onde S non possono propagarsi attraverso i fluidi e i gas perché questi non oppongono resistenza al taglio. A differenza delle onde P, le onde S non causano variazioni di volume.
Onde superficiali (R e L)
Le onde superficiali, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non si manifestano nell’epicentro, ma solo a una certa distanza da questo. Tali onde sono il frutto del combinarsi delle onde P e delle onde S, e sono perciò molto complesse. Le onde superficiali sono quelle che provocano i maggiori danni.
Le onde di Rayleigh, dette anche onde R, muovono le particelle secondo orbite ellittiche in un piano verticale lungo la direzione di propagazione, come avviene per le onde in acqua.
Le onde di Love, dette anche onde L, muovono invece le particelle trasversalmente alla direzione di propagazione (come le onde S), ma solo sul piano orizzontale.
Tutte le onde sismiche sono soggette ad attenuazione con la distanza in funzione delle caratteristiche del mezzo di propagazione.
Glossario
Intenso scuotimento della terra in un sito, come effetto del rapido spostamento di grandi porzioni di crosta terrestre in corrispondenza di una faglia posta all’interno della crosta stessa, la sorgente sismica. L’entità del terremoto dipende dalle caratteristiche geometriche della faglia, dalle modalità di propagazione della perturbazione tra la sorgente e il sito, e dalle caratteristiche lito-stratigrafiche e morfologiche di quest’ultimo.
Il movimento delle placche litosferiche in cui è suddivisa la crosta terrestre, determina forti pressioni sulle rocce in profondità causandone la rottura lungo superfici di frattura chiamate faglie. Le rocce in prossimità dei piani di faglia (la superficie di scorrimento) risultano spesso intensamente frantumate a causa della frizione tra i blocchi di roccia in spostamento relativo.
Punto sulla superficie terrestre dove è più forte lo scuotimento provocato dal passaggio delle onde sismiche. L’epicentro si trova sulla verticale dell’ipocentro.
Volume di roccia in profondità dove ha origine il terremoto, e dal quale le onde sismiche si propagano in tutte le direzioni. E’ il punto all’interno della Terra che genera un terremoto.
Sequenza sismica caratterizzata da una serie di terremoti localizzati nella stessa area, in un certo intervallo temporale, di magnitudo paragonabile e non elevata. In uno sciame sismico generalmente non si distingue una scossa principale.
Scala ideata dal Charles Richter nel 1935, misura la forza di un terremoto indipendentemente dai danni che provoca alle cose e alle persone, attraverso lo studio delle registrazioni dei sismografi.
Fonti:
Wikipedia, l’enciclopedia libera
Sito del Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri