La rubrica del volontario – Il Metodo Augustus (Parte 1) – Cos’è?
Il metodo Augustus è uno strumento di riferimento per la pianificazione nel campo delle emergenze utilizzato dal Dipartimento della Protezione Civile della Repubblica Italiana.
È stato ideato nel 1996 da una commissione bilaterale italiana composta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ministero dell’Interno e mutuato dalla nota metodologia utilizzata dalla statunitense FeMa
L’origine del nome
Il metodo si chiama così in memoria di Augusto che più di 2000 anni fa già sosteneva che: «il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose». È proprio con questo spirito che nasce il Metodo Augustus sulla semplicità e flessibilità. In origine il “metodo” doveva chiamarsi “piano”, si deve a Patrizia Cologgi, allora già dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la felice intuizione di chiamarlo “metodo”, ribaltando, così, l’approccio alla pianificazione e preparazione delle emergenze, a quei tempi ancora attestata sulla logica del “censimento” e della reazione: il famigerato Piano Mercurio.
Caratteristiche
Questo metodo, che deriva dalla cultura pragmatica anglosassone, considera “l’emergenza” quale “organismo” e come tale costituito da funzioni fisiologiche (sistema endocrino, cardiologico, circolatorio, neurologico eccetera), ognuna specializzata nel proprio settore e che svolge normalmente la sua attività ordinaria. Quando l’equilibrio dell’organismo viene alterato per una malattia, tutte le sue funzioni concorrono a ripristinare l’omeostasi per guarire l’organismo colpito. In protezione civile “l’organismo” è il territorio sul quale agiscono normalmente, e ognuno per la sua specificità, delle funzioni (comunali, regionali, sanità, trasporti eccetera). In caso di calamità queste attività si mettono ad operare tutte insieme.
Il Metodo Augustus, come in una normale anamnesi e azione medica, prevede varie fasi a secondo del suo impiego.
Funzionamento e modalità operative
In fase di progettazione preventiva di protezione civile, prima su tutte, promuove la raccolta di notizie (tempo di ricorrenza di un evento, conformazione geologica, tessuto produttivo, tessuto urbano eccetera), poi procede con esami di base (analisi di pericolosità, di vulnerabilità eccetera) e infine fa una prima diagnosi (scenario ossia cosa mi aspetto che potrebbe accadere) e per questo predispone dei presidi (reti di monitoraggio, pulizie degli alvei dei fiumi, adeguamento sismico delle strutture eccetera). In emergenza conclamata, invece, la procedura è di area critica.
Si dispongono cioè subito presidi di fronteggiamento, si applicano protocolli definiti e condivisi (potrebbero essere i Piani Nazionali d’Emergenza o di Soccorso quando esistono). In assenza o nella impossibilità di attivare tali protocolli, si adottano misure minime di fronteggiamento attraverso la costituzione di una “cellula resiliente” per gestire il grande 5 (Big Five) ossia le cinque macro aree da gestire in emergenza acuta: individuazioni di siti per cabina regia, punti di entrata per i soccorsi attesi, aree di accoglienza e prima assistenza alle popolazioni, individuazione dei siti di prossimità per coordinare interventi locali, assistenza alla popolazione (sanità e gestione di eventuali campi provvisori di accoglienza e permanenza).
In tale scenario il Metodo Augustus diventa una buona pratica per gestire la situazione attraverso l’individuazione, normalmente, di 15 funzioni di supporto o sostegno resiliente che corrispondono a tutte le figure istituzionali competenti e specifiche per ogni funzione a livello territoriale e che concorrono al suo funzionamento ordinario e straordinario. Tali funzioni sono solitamente coinvolte durante l’emergenza stessa, mentre nelle fasi precedenti cioè quelle di studio, di anamnesi del territorio ossia previsione e prevenzione – come nella vita di ognuno di noi in assenza di malattia – vengono sottovalutate e scarsamente ascoltate e soprattutto abituate a funzionare ognuno per proprio conto e in automatico. Il Metodo Augustus ha una caratteristica di grande flessibilità e scalabilità ossia si adatta alla reale situazione in atto, a qualsiasi tipologia emergenziale, a qualsiasi entità dell’emergenza e a qualsiasi struttura amministrativa/operativa di prossimità. Di solito tale esercizio lo si esplica attraverso le già citate 15 funzioni che sono tali in tutto il territorio nazionale e a tutti i livelli (nazionale, regionale, provinciale, ma può anche essere costituito da un numero minore di funzioni, per esempio 9, attivate nel caso di un evento di tipo A ossia comunale.
(Le emergenze di tipo A si riferiscono alle emergenze locali, gestibili su scala comunale; quelle di tipo B alle emergenze che richiedono una risposta e risorse su scala provinciale o regionale; quelle di tipo C alle emergenze di rilievo nazionale, per estensione e/o gravità, ndr).
Quando necessario, le funzioni vengono attivate e chiamate a prendere posto presso i Centri Operativi. Questi ultimi possono essere di vario livello, a seconda del tipo di estensione geografica dell’emergenza, ognuno indicato con una particolare terminologia:
- C.O.C. (Centro Operativo Comunale), responsabile delle attività a livello comunale-locale, il cui massimo punto di riferimento è il Sindaco o un suo Delegato.
- C.O.M. (Centro Operativo Misto), è un Centro Operativo di livello superiore, paragonabile per certi aspetti al successivo C.C.S.. Durante un’emergenza che copre una vasta area possono essere più di uno, e venire costituiti ad hoc al fine di avere un “occhio e braccio operativo” il più possibile vicino al luogo dell’evento;
- C.C.S. (Centro Coordinamento dei Soccorsi), è l’organo principale a livello provinciale, ed è presieduto dal Prefetto o suo Delegato.
- C.O.R. (Centro Operativo Regionale), per emergenze che coinvolgono più province; è presieduto dal Presidente della Regione o suo Delegato (in emergenza è attivato raramente).
- Di.Coma.C. (Direzione di Comando e Controllo), organo decisionale di livello nazionale attivato nelle grandi calamità (e situata solitamente presso la sede del Dipartimento di Protezione Civile, a Roma; eccezionalmente, può essere proiettata nelle retrovie del teatro operativo).
In caso di emergenza nazionale verrà attivata la Di.Coma.C acronimo di Direzione di Comando e Controllo, con sede presso il Dipartimento della Protezione Civile. A livello regionale avremo un C.O.R. la cui autorità superiore è il Presidente della Regione. A livello provinciale verranno attivate due strutture operative ovvero: il C.C.S. ovvero Centro Coordinamento Soccorsi che ha sede presso la Prefettura della provincia e allo stesso tempo vengono attivati uno o più C.O.M., Centri Operativi Misti. Questi ultimi hanno la peculiarità di essere presenti il più vicino possibile al luogo dell’evento ed essere così un “occhio” e “braccio operativo” del C.C.S. presieduto dal Prefetto o suo delegato (autorità di Governo provinciale).
A livello comunale (emergenza locale), verrà attivato un C.O.C. acronimo di Centro Operativo Comunale ed è presieduto dal Sindaco o suo delegato (massima autorità di Protezione Civile a livello comunale).
I responsabili sono solitamente funzionari di medio-alto livello dell’ente / struttura deputata all’esercizio della funzione, ed è da questi delegato a rappresentarli ed a gestirne le risorse attivate in emergenza. Il punto di forza di questo metodo è nella flessibilità di applicazione, che permette ad esempio di non attivare una o più funzioni nel caso non siano necessarie per lo svolgimento delle operazioni previste. Inoltre, la compresenza di tutti i responsabili di funzione (con relativo potere di attivazione e gestione in tempo reale – e di concerto – di tutte le forze impiegate) rende molto più efficace e tempestiva l’integrazione delle operazioni “joint“.
Le funzioni costituenti
Le quattordici funzioni, individuate in breve dalla lettera F e da un numero progressivo, sono:
- F 1 – Tecnica e di pianificazione
- F 2 – Sanità, assistenza sociale e veterinaria
- F 3 – Mass-media e informazione
- F 4 – Volontariato
- F 5 – Materiali e mezzi
- F 6 – Trasporti, circolazione e viabilità
- F 7 – Telecomunicazioni
- F 8 – Servizi essenziali
- F 9 – Censimento danni a persone e cose
- F 10 – Strutture operative
- F 11 – Enti locali
- F 12 – Materiali pericolosi
- F 13 – Assistenza alla popolazione
- F 14 – Coordinamento centri operativi.
- F 15 – Tutela beni culturali
Fonte: Wikipedia, l’enciclopedia libera